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n. 10-2002 - © copyright.

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 23 settembre 2002 n. 4812 - Pres. Schinaia, Est. Salemi - Ministero dei Beni Culturali e Ambientali (Avv. Stato Tortora) c. Giuffra (Avv.ti Alberti e Lanaro), Baldi e c.ti (n.c.) e Comune di Cipressa (n.c.) - (annulla T.A.R. Liguria, Sez. I, 28 novembre 1996, n. 501).

1. Ambiente - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione paesaggistica rilasciata in sede regionale - Annullamento in sede statale - Termine di 60 giorni previsto dall'art. 82 D.P.R. n. 616/1997 - Non decorre nel caso di omessa o incompleta trasmissione della documentazione tecnico-amministrativa da parte della Regione.

2. Ambiente - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione paesaggistica rilasciata in sede regionale - Annullamento in sede statale - Termine di 60 giorni previsto dall'art. 82 D.P.R. n. 616/1997 - Riguarda la data di adozione del provvedimento di annullamento - Successiva comunicazione di quest'ultimo - Legittimità.

3. Ambiente - Vincolo paesaggistico - Autorizzazione paesaggistica rilasciata in sede regionale - Annullamento in sede statale - Motivi dell'annullamento - Possono essere tutti i vizi di legittimità, compreso l'eccesso di potere.

4. Edilizia ed urbanistica - Condono edilizio - Per opere eseguite in zona soggetta a vincolo paesaggistico - Nulla osta - Occorre anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso.

5. Edilizia ed urbanistica - Condono edilizio - Per opere eseguite in zona soggetta a vincolo paesaggistico - Nulla osta - Suo annullamento in sede statale - Effetti - Ordinanza di demolizione - va adottata nel caso in cui il Comune non intenda rinnovare l'istruttoria.

1. Il termine di 60 giorni per l'esercizio del potere ministeriale di annullamento del nulla osta rilasciato in sede regionale inizia a decorrere dal momento in cui l'Amministrazione statale riceve la documentazione necessaria ai fini del decidere, fermo restando che l'interruzione del termine non è possibile nel caso in cui la richiesta sia pretestuosa e persegua fini puramente dilatori. Deve pertanto ritenersi che il termine per l'esercizio del potere ministeriale di annullamento non possa decorrere laddove manchi in atti la documentazione necessaria al fine di consentire al plesso statale un'adeguata valutazione della fattispecie (1).

2. Il termine di 60 giorni per l'esercizio del potere ministeriale di annullamento del nulla osta rilasciato in sede regionale, previsto dall'art. 82, comma 9, del D.P.R. n. 616 del 1977 (e ora trasfuso nell'art. 151, comma 4, del T.U. 29 ottobre 1999 n. 490), riguarda l'esercizio del potere di annullamento e non anche la successiva fase della comunicazione o della notificazione (2).

3. Il potere di annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico non comporta un riesame complessivo delle valutazioni discrezionali compiute dalla Regione, tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione, ma si estrinseca in un controllo di mera legittimità che si estende a tutte le ipotesi riconducibili all'eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (3).

4. In sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, l'obbligo di acquisire il parere da parte dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo previsto dall'art. 32 L. 28 febbraio 1985 n. 47, sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso (4).

5. Una volta che sia intervenuto l'annullamento dell'autorizzazione paesistica, l'Amministrazione comunale, ove non intenda procedere alla rinnovazione dell'istruttoria, ha l'obbligo di ordinare la demolizione delle opere edilizie abusive a termini dell'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1997, trasfuso nell'art. 164 del T.U. n. 490/1999 (5).

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(1) Nel senso di ritenere che "il termine di 60 giorni previsto per l'esercizio del potere di annullamento statale dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata in sede regionale decorre dalla ricezione da parte della Soprintendenza dell'autorizzazione stessa e della documentazione tecnico-amministrativa, sulla cui base il provvedimento è stato adottato; in caso di omessa o incompleta trasmissione di detta documentazione, il termine non decorre e la Soprintendenza legittimamente richiede gli atti mancanti" v. da ult. in questa Rivista, Cons. Stato, Sez. VI, 12 agosto 2002 n. 4182

(2) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 22 luglio 1999, n. 20; Sez. IV, 6 luglio 2002, n. 3793; id., 24 maggio 2000, n. 3010 e 28 gennaio 2000, n. 403.

(3) Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 8 marzo 2000, n. 1162 e Ad. Plen. 14 dicembre 2001, n. 9.

(4) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 22 luglio 1999, n. 20.

(5) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2000, n. 421.

Sull'annullamento in sede statale del nulla osta paesaggistico v. in questa Rivista:

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - Sentenza 14 dicembre 2001 n. 9

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 29 maggio 2002 n. 2984

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 12 agosto 2002 n. 4182

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 7 agosto 2002 n. 4133

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. II - Parere 6 febbraio 2002 n. 2457

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 3 novembre 1999 n. 1693

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - Sentenza 16 dicembre 1999 n. 2081

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. IV - Sentenza 26 febbraio 2001 n. 900

 

 

FATTO

Il sig. Elia Giuffra, in qualità di amministratore del Condominio Ulivi, e 22 condomini impugnavano con vari ricorsi davanti al T.A.R. della Liguria: il decreto ministeriale 31 gennaio 1995, relativo all'annullamento dei provvedimenti del Sindaco del Comune di Cipressa, adottati il 4 luglio e il 1° dicembre 1994, con i quali era stato espresso, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 47/1985, parere favorevole al rilascio del condono edilizio inerente alle unità immobiliari ricomprese in edifici costituenti il predetto condominio; i provvedimenti del sindaco in data 13 maggio 1995, concernenti il conseguente diniego delle istanze di condono edilizio presentatate il 1° aprile 1986 in relazione ad unità immobiliari eseguite a seguito di licenza edilizia del 24 dicembre 1974, annullata in sede regionale con decreto 4 agosto 1980, n. 1091; le ordinanze sindacali del 24 maggio 1995, aventi ad oggetto la demolizione delle suddette unità immobiliari.

Previa loro riunione, la prima Sezione del T.A.R. accoglieva i proposti ricorsi e annullava i provvedimenti impugnati.

In particolare, in relazione ai due ricorsi proposti avverso il decreto ministeriale 31 gennaio 1995, il giudice di prime cure riteneva fondato il primo motivo di censura con cui i ricorrenti avevano dedotto la violazione dell'art. 82, nono comma, del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, come integrato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, per avere il Ministero esercitato il potere di annullamento oltre il prescritto termine di 60 giorni, e il terzo motivo con cui i ricorrenti avevano dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto d'istruttoria, lamentando che le considerazioni espresse dal Ministero circa l'alterazione che l'intervento edificatorio avrebbe comportato ai tratti paesaggistici della località protetta non tenevano conto della compatibilità dell'intervento stesso con le disposizioni del Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico della Regione Liguria.

Con ricorso notificato il 19 febbraio 1997, l'Avvocatura generale dello Stato ha proposto appello avverso la summenzionata sentenza.

La difesa dell'Amministrazione, richiamando l'orientamento del Consiglio di Stato secondo cui l'atto di annullamento deve essere adottato e non comunicato nel termine perentorio di sessanta giorni, osserva che solo una parte delle autorizzazioni paesistiche (quattro) erano state inviate nel luglio 1994, laddove altro gruppo (venti) era stato trasmesso dal Comune il 1° dicembre 1994 e ricevuto dalla Sovrintendenza il successivo 5 dicembre, sicché, per tale autorizzazione in sanatoria, l'annullamento non era tardivo; che, inoltre, anche per le residue quattro autorizzazioni, il decreto impugnato doveva ritenersi tempestivo in conseguenza delle esigenze istruttorie, manifestate dalla Sovrintendenza con nota del 26 agosto 1994, che avevano comportato l'interruzione del decorso del termine per l'esercizio del potere di annullamento; che, infine, la decorrenza dal decorrenza del termine non va stabilita nel momento in cui la Sovrintendenza riceve la documentazione, bensì in cui quello in cui la documentazione stessa perviene al Ministro, essendo quest'ultimo, e non l'organo periferico, titolare del potere di annullamento.

Quanto alla restante parte della sentenza, relativa all'accoglimento del terzo motivo di gravame, la difesa dell'Amministrazione ne sostiene l'erroneità, evidenziando che, nella materia in questione, il Ministero non ha il potere di sostituirsi all'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione, bensì di ripercorrere il procedimento posto in essere da quest'ultima al fine di valutarne la legittimità.

Sarebbe, quindi, inesatta l'affermazione del T.A.R. secondo cui il Ministero avrebbe dovuto acquisire la documentazione necessaria al fine di stabilire se gli interventi edilizi erano conformi al piano territoriale di coordinamento paesistico, posto che se ciò avesse fatto l'Amministrazione, avrebbe esorbitato dalla proprie attribuzioni, considerato che di tale ulteriore elemento non v'è traccia nelle determinazioni comunali.

Si è costituito in giudizio l'amministratore del Condominio Ulivi che ha contestato le ragioni poste alla base dell'appello, interponendo, altresì, appello incidentale, con riproposizione dei motivi di censura dichiarati assorbiti dal primo giudice.

Nella memoria depositata il 31 maggio 2002, l'appellato ha ulteriormente illustrato e ribadito le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza dell'11 giugno 2002, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Forma oggetto dell'appello in esame la sentenza n. 501 del 28 novembre 1996 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione prima, ha annullato:

- il decreto ministeriale del 31 gennaio 1995, relativo all'annullamento dei provvedimenti del Sindaco del Comune di Cipressa, adottato il 4 luglio e il 1° dicembre 1994, con i quali era stato espresso, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 47/1985, parere favorevole al rilascio del condono edilizio inerente alle unità immobiliari ricomprese in edifici costituenti il predetto condominio;

- i provvedimenti sindacali in data 13 maggio 1995, concernenti il diniego delle istanze di condono edilizio presentate il 1° aprile 1986 in relazione ad unità immobiliari eseguite a seguito di licenza edilizia del 24 dicembre 1974, annullata in sede regionale con decreto 4 agosto 1980, n. 1091; le ordinanze sindacali del 24 maggio 1995, aventi ad oggetto la demolizione delle suddette unità immobiliari.

2. In accoglimento delle argomentazioni esposte dall'Avvocatura generale dello Stato, il Collegio non può condividere quanto statuito dal Giudice di prime cure che, in accoglimento del primo motivo di censura, relativo ai primi due ricorsi diretti all'annullamento del decreto ministeriale del 31 gennaio 1995, ha ritenuto che il Ministero avrebbe esercitato il potere di annullamento del parere favorevole al rilascio del condono edilizio oltre il termine prescritto di 60 giorni.

In merito al dies a quo, la Sezione deve ribadire che il decorso del termine per l'esercizio del potere ministeriale non può razionalmente operare laddove manchi in atti la documentazione necessaria al fine di consentire al plesso statale un'adeguata valutazione della fattispecie. Donde il corrollario secondo il quale il termine inizia a decorrere dal momento in cui l'Amministrazione statale riceve la documentazione necessaria ai fini del decidere, fermo restando che l'interruzione del termine non è possibile nel caso in cui la richiesta sia pretestuosa e persegua fini puramente dilatori.

Nella specie non sono stati dedotti elementi al fine di dimostrare la non rilevanza della documentazione richiesta (planimetria con punti facilmente individuabili per localizzazione; sezioni quotate riferite per entrambi gli edifici alla strada comunale degli Aregai; chiarimenti sull'eventuale esame di altre istanze di condono per abusi edilizi realizzati nei due fabbricati), intesa ad un più compiuto accertamento dei caratteri e della rilevanza dell'intervento edilizio.

Del pari non può trovare condivisione l'assunto del T.A.R, secondo il quale nel termine di 60 giorni il provvedimento andrebbe non solo adottato ma anche comunicato.

L'invocato art. 82, comma 9, del D.P.R. n. 616 del 1977, vigente ratione temporis al momento dell'adozione del contestato atto ministeriale (e ora trasfuso nell'art. 151, comma 4, del T.U. 29 ottobre 1999 n. 490), disponeva che "il Ministro per i beni culturali e ambientali può in ogni caso annullare, con provvedimento motivato, l'autorizzazione regionale entro i sessanta giorni successivi alla relativa comunicazione". Per la costante giurisprudenza di questo Consiglio, che il Collegio condivide e fa propria (vedi, di recente, decisione n. 3233 del 2001), il termine perentorio di sessanta giorni riguarda l'esercizio del potere di annullamento e non anche la successiva fase della comunicazione o della notificazione (Ad plen. 22 luglio 1999, n. 20; IV Sez. 6 luglio 2002, n. 3793; 24 maggio 2000, n. 3010 e 28 gennaio 2000, n. 403).

Infatti, la legge ha disciplinato un provvedimento che, secondo i principi generali, è immediatamente efficace e non ha natura recettizia.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito ab antiquo che il provvedimento amministrativo, per il suo carattere autoritativo, ha una diretta ed immediata efficacia, che comporta una modificazione del mondo giuridico e, in particolare, della sfera giuridica del suo destinatario.

Tale regola generale trova eccezione (oltre che per i provvedimenti sottoposti al controllo preventivo di legittimità) solo nei casi in cui la legge disponga che gli effetti di un provvedimento si verificano quando esso è posto a conoscenza del destinatario ovvero quando la natura dell'atto (ad esempio di una diffida che fissi un termine per un comportamento) implica la sua conoscenza da parte del destinatario, perché possa uniformarsi.

Nel caso di specie, nessuna legge ha attribuito natura recettizia al provvedimento statale di annullamento dell'autorizzazione paesistica: l'art. 82, comma 9, con l'espressione "può annullare in ogni caso", non ha posto alcuna deroga al principio per cui l'atto di annullamento è efficace e produce immediatamente i suoi effetti.

Va, altresì, soggiunto che, come rettamente osservato dall'Avvocatura generale dello Stato, il termine perentorio in questione decorre dalla data in cui la pratica, corredata della completa documentazione, perviene al protocollo del Ministero, essendo irrilevante la data di presentazione agli organi periferici (cfr., di recente, questa Sezione, 10 agosto 1999, n. 1025).

Nella specie, come si legge nel decreto impugnato, la Sovrintendenza ha ricevuto la documentazione in data 5 dicembre 1994, mentre l'annullamento porta la data del 31 gennaio 1995; il termine prescritto risulta dunque rispettato sia per le autorizzazioni sindacali espresse il 4 luglio 1994 che per quelle espresse il 1° dicembre 1994, poiché, come si è sopra esposto, le integrazioni istruttorie costituiscono causa di interruzione e non di sospensione del termine, come erroneamente ritenuto dal T.A.R.

3. Parimenti fondato è il secondo motivo di appello.

Il T.A.R. ha ritenuto sussistente anche il dedotto vizio di eccesso di potere sotto il profilo di carenza d'istruttoria, fondato sulla circostanza che le considerazioni espresse dal Ministero nel decreto impugnato circa l'alterazione che l'intervento edificatorio avrebbe comportato ai tratti paesaggistici della località protetta non avevano tenuto conto delle disposizioni del Piano territoriale di coordinamento paesistico della Regione Liguria le quali, nella zona di realizzazione dell'intervento edilizio in questione, escluderebbero la sussistenza di valori paesaggistici meritevoli di particolare tutela ed il cui regime, ai sensi dell'art. 46 delle norme di attuazione, "si applica nei casi in cui l'insediamento presenti aspetti di forte eterogeneità e disorganizzazione, tali che nello stesso non siano riconoscibili né caratteri prevalenti, né uno schema organizzativo cui attenersi".

Tale assunto non può essere condiviso.

Come rettamente osservato dall'Amministrazione appellante, il Ministero ha il potere di ripercorrere il procedimento seguito dall'autorità competente (regionale o comunale) al rilascio dell'autorizzazione al fine di valutarne la legittimità, ma non di sostituirsi a detta autorità.

Detto in altri termini, il potere di annullamento ministeriale del nulla osta paesaggistico non comporta un riesame complessivo delle valutazioni discrezionali compiute dalla Regione, tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una propria valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione, ma si estrinseca in un controllo di mera legittimità che si estende a tutte le ipotesi riconducibili all'eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione (cfr., ex multis, questa Sezione, 8 marzo 2000, n. 1162 e Ad. Plen. 14 dicembre 2001, n. 9).

Ne consegue che, non avendo l'Autorità comunale fatto riferimento alcuno alle indicazioni emergenti dal summenzionato piano paesistico, esulava dalle attribuzioni del Ministero di utilizzare il piano stesso come strumento di verifica della legittimità della determinazione comunale adottata.

Né, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellato, il giudizio del T.A.R. sull'obbligo per il Ministero di effettuare un riscontro non limitato ai parametri utilizzati dall'Autorità regionale o comunale è suscettivo di trovare conforto nella recente pronuncia dell'Adunanza plenaria n. 9 del 2001. In tale pronuncia è pur vera la specificazione che il "Ministero può esercitare un potere tecnico discrezionale sul se annullare l'autorizzazione", ma il significato della stessa racchiude soltanto un implicito invito per l'Amministrazione statale e regionale (o comunale) ad astenersi dall'effettuare un'indagine di tipo formalistico, com'è reso palese dalla proposizione immediatamente successiva con cui si chiarisce che il Ministero.."può gestire il vincolo prestando il proprio consenso (anche quando l'autorizzazione non risulti adeguatamente motivata), qualora l'originaria domanda risulti di per sé accoglibile e non lesiva per i valori salvaguardati (salva la tutela giurisdizionale di chi sia legittimato ad impugnare l'autorizzazione illegittima)".

4. Deve, quindi, procedersi all'esame dell'appello incidentale con cui l'appellato ha riproposto gli originari motivi di gravame dichiarati assorbiti dal primo giudice.

5. Si sostiene, in primo luogo, che il Ministero ha effettuato un controllo esteso al merito del provvedimento, come risulterebbe evidente dal testo del decreto impugnato, nella parte in cui afferma che l'edificazione altererebbe i tratti paesaggistici della località protetta che sono la ragione stessa per cui la località medesima è sottoposta a tutela ai sensi della normativa vigente.

La censura è infondata, perché non considera che quella testé riferita costituisce la valutazione posta a conclusione dei rilievi di legittimità formulati nei confronti dei pareri dell'Amministrazione comunale.

Nell'ampia e articolata motivazione del decreto ministeriale è, infatti, richiamata la nota n. 435 del 12 gennaio 1995 della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria, la quale aveva fatto presente che: "a) i pareri favorevoli comunali, fondati su elementi di valutazione insufficienti, forniscono una visione deformata dell'abuso perpetrato, risultando carenti e contraddittori; b) l'articolazione volumetrica di due fabbricati gemelli, fondata su una pianta a T, su vistose poggiolate e su un corpo scale sporgente dalla copertura piana, causa stridente anomalie di carattere tipologiche, aggravate proprio da quella articolazione volumetrica e dovute a caratteri dell'edificio in forte contrasto con l'edilizia tradizionale rivierasca; c) nel contesto suddetto i richiami alle sistemazioni a verde e alla soluzione cromatica assumono un peso del tutto irrilevante, non essendo assolutamente idonei per attenuare gli inconvenienti di ordine ambientale; d) nessun cenno si rileva nel parere comunale a proposito dell'incidenza degli edifici sulle visuali panoramiche dalla strada a monte, strada comunale degli Aregai, completamente occultate nel tratto corrispondente dai volumi realizzati; e) emerge che i pareri comunali sono fondati su una istruttoria carente o scaturiscano da un atto arbitrario indipendente e scollegato da dati istruttori che comunque non sono rilevabili dai documenti pervenuti."

6. Con ulteriore motivo di censura si sostiene, richiamando la circolare del Ministero dei Lavori pubblici 30 luglio 1985, che per l'ipotesi di vincolo intervenuto dopo la realizzazione abusiva, è rimesso al discrezionale apprezzamento dell'Amministrazione la determinazione in ordine al parere, sicché potrebbe essere rilasciato parere favorevole alla concessione in sanatoria, anche quanto il vincolo previsto comportasse l'inedificabilità assoluta.

La doglianza è infondata, perché, in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, l'obbligo di acquisire il parere da parte dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo previsto dall'art. 32 L. 28 febbraio 1985 n. 47, sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso (cfr. Ad. Plen. 22 luglio 1999, n. 20).

Va, poi, escluso che l'Amministrazione statale dovesse valutare la sussistenza di un interesse pubblico specifico, attuale e concreto alla caducazione dell'atto controllato, perché l'applicazione dell'invocato principio di autotutela presuppone una situazione caratterizzata da una precedente volizione della p.a., come, ad esempio, il rilascio di una concessione edilizia, che, grazie ai requisiti dell'esecutività ed esecutorietà tipici dell'atto amministrativo, abbia già determinato conseguenze giuridiche nella sfera dei destinatari, costituendo, altresì un assetto degli interessi pubblici e privati ben determinato (cfr., ex multis, questa Sezione, 28 agosto 1992, n. 616). Alla fattispecie in esame non può applicarsi il suesposto principio perché la licenza edilizia rilasciata agli appellati il 24 dicembre 1974 era stata annullata, nel 1980, da un decreto del Presidente della Giunta regionale della Liguria in base alla considerazione che l'intervento edilizio avrebbe dovuto essere preceduto dall'approvazione di un piano di lottizzazione.

7. Con altro motivo di censura si reputano generiche e apodittiche le ragioni addotte nel decreto impugnato a giustificazione del disposto annullamento, ma la doglianza non può essere condivisa, giacché il Ministero ha, con diffusa e specifica motivazione, esposto i profili di illegittimità dell'autorizzazione paesistica.

Non può, poi, aderirsi all'ulteriore rilievo secondo cui l'Autorità ministeriale avrebbe dovuto suggerire gli eventuali adattamenti o modifiche estetico-architettoniche dirette a meglio armonizzare l'edificazione con l'ambente protetto, in quanto tale compito esula dalle sue attribuzioni.

Proprio perché il sindacato sul nulla osta paesistico è di sola legittimità, e non si estende al merito, non è compito dell'Amministrazione statale dettare prescrizioni sulle modalità realizzative dell'intervento e, se ciò accadesse, vi sarebbe effettivamente un inammissibile intervento di merito, sostitutivo del potere che spetta all'Autorità locale (cfr. questa Sezione, 4 febbraio 2002, n. 630).

8. Vanno, infine, esaminati i motivi di censura dedotti in primo grado avverso i provvedimenti sindacali concernenti il diniego delle istanze di condono edilizio e le ingiunzioni di demolizione.

Si sostiene in proposito che l'Amministrazione non ha rispettato, per il diniego delle istanze di sanatoria, lo stesso iter seguito per l'emissione del primo assentimento, limitandosi a recepire passivamente la determinazione negativa adottata dal Ministero, senza alcuna autonoma valutazione della nuova situazione creatasi a seguito dell'intervento caducatorio e senza acquisire un nuovo parere della Commissione edilizia integrata.

Inoltre, in relazione alle ingiunzioni di demolizione, è mancata la motivazione sulla sussistenza di un pubblico interesse attuale alla rimozione delle opere abusive e non state indicate le opere e le aree suscettibili di successiva confisca da parte del Comune.

Le censure sono infondate.

Come si è sopra esposto, alla fattispecie in esame non sono applicabili i principi in tema di autotutela, con la conseguenza che, intervenuto l'annullamento dell'autorizzazione paesistica, l'Amministrazione comunale, ove non intenda procedere alla rinnovazione dell'istruttoria, ha l'obbligo di ordinare la demolizione delle opere edilizie abusive a termini dell'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1997, trasfuso nell'art. 164 del T.U. n. 490/1999 (cfr. questa Sezione 28 gennaio 2000, n. 421).

Quanto alle opere e alle aree suscettibili di successiva confisca, le stesse risultano esattamente individuate dai provedimenti impugnati.

9. In conclusione, per le considerazioni sopra svolte, l'appello principale deve essere accolto e respinto quello incidentale, con conseguente annullamento della sentenza appellata, restando, comunque, salvo il potere dell'Amministrazione comunale di rinnovare il rilascio del nulla osta mediante più adeguata istruttoria (cfr. questa Sezione, 4 febbraio 2002, n. 630).

Circa le spese e gli oneri del giudizio, si ravvisano giusti motivi per compensarli tra le parti.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, annulla la sentenza in epigrafe, previo accoglimento dell'appello principale e rigetto di quello incidentale, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Autorità amministrativa, come indicato in motivazione.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, l'11 giugno 2002 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Mario Egidio Schinaia Presidente

Luigi Maruotti Consigliere

Giuseppe Minicone Consigliere

Rosanna De Nictolis Consigliere

Guido Salemi Consigliere, estensore

Depositata in segreteria in data 23 settembre 2002.

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